Mio

Il Diario che mi concedo

Di ritorno da Genova.
Incontro al Rina.
Medito su di me e sui miei cambiamenti. Sulla volontà, anche spinta dalla necessità, di vivere le cose da sola.
Imparo e cresco. Sono cresciuta. 🙂
La via è quella giusta. Ha ciotoli, è impervia, ma il mio bene lo perseguo, è lontano ma la luce c’è. Corridoio, buio, cammino, un barlume.

Il mio rapporto con lui è più equilibrato. Se ci penso, amo in noi la nostra capacità di essere due in un’unità. Perseguire naturalmente obiettivi, cose, anche stili da sempre considerati lontani, non per me, ma agognati. Con lui vivo nella possibilità, la rendo concreta, la vivifico. Semplicemente la naturalezza delle cose, così come avvengono. La spontaneità nel percorrere tappe viste da sempre troppo importanti e quindi fonti di ansia. Invece, accadono e non ho il tempo di accorgermene. Poi, altrettanto spontaneamente c’è sempre la voglia di lui. Sempre. C’è ed è certezza. Una certezza mai avuta prima e sempre agognata, anche questa. L’amore non è calcolo. Nasce e non sai il perchè. Ma se funziona, lo capisci e a poco a poco capisci con la testa ciò che alla ragione era ignoto, lontano, incomprensbile. Forse è vero che bisogna SEMPRE seguire ciò che si sente dadentro. Dentro si sa cos’è giusto per sè.

Ho scoperto un nuovo modo. Condividere con la persona amata non vuol dire appoggiarsi all’altro come incapaci. Come se l’altro dovesse fare al posto mio, per me. Ancorare i miei timori, le mie ansie o incapacità, dargliele in mano, come nuda dicendo “pensaci tu”. Lui non me lo concede. E mi fa bene. No, ora non è più così. Ed imparo ad avere interlocutori altri con cui dire, raccontarmi, sfogarmi. Con cui mettermi a nudo ma non in mano. Ed è la mia famiglia. Imparo, mi fido e lo faccio. E comincio a sentrire qualcosa da dentro che fa caldo, mi ringrazia e mi dice “finalmente!” .  Non si può chiedere di colmare vuoti ad un’altra persona. Non si può chiedere di colmare vuoti ad un’unica persona. Ci si deve impegnare in prima persona. Ora, i miei vuoti, i miei bisogni li colmo modificando i rapporti che li hanno generati.

Gli interlocutori potenti hanno un loro modo di comunicare. Ci sono dei giochi sottili di potere che però hanno il peso di massi, solidi. Ci si parla da pari ma con la consapevolezza di dover essere un velo compiacenti perchè conviene, se io do a te, tu dai a me. È conveniente essere gentili e in equilibrio sottile tra zelo ma mantenendo autorevolezza. Si parla di LEADER come di un livello necessario da raggiungere per fare di più e meglio. per ottenere obiettivi altrimenti impossibili anche da pensare. L’eccellenza mi attrae ma me ne distacco per lo “squalismo” più o meno evidente che si porta con sè. È possibile una eccellenza umana? Io vorrei raggiungere quella. È impossibile? È fattibile pensare di costruirla, se ora non c’è? I rapporti di potere lasciano spazio ad arguzia, acume, fermezza, solidità, competenza, relazioni. Ma c’è dell’altro? So poche cose, è tutto molto distante da me ora perchè ho poca esperienza. Ma intuisco percepisco questi equilibri. Non mi sento pesce fuor d’acqua nel modo. Mi ci sento nell’esperienza. Stimo me stessa per l’umanità e le mie rare capacità di relazionarmi alle umanità. Mi sento piccola piccola, invece, sui fatti. Se – quando? – avessi – avrò? – quelli, sarei – sarò? – un drago. 🙂 Ma il mio timore è che siano aspetti inconciliabili e che quel certo mondo rimarrà per me sempre fonte di aspirazione – ispirazione e di una certa forma di disprezzo al contempo. Capita solo a me? Credo che tutto ciò lo condivido con chi mi è più caro. È una forma di eredità? Annosa questione su quanto si sia autentici e quanto invece “derivati” dal sostrato familiare e culturale…mah.

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