Mio

Ciao amico Tag.

Ho avuto questa scritta sopra la testa, affissa al muro, per più di un anno. Per altri 3, con alternanze di pause, ho cambiato stanza e scrivanie.

Il Tag per me è sempre stato un luogo in cui tornare.

Il tempo passa, le cose cambiano e a volte bisogna essere capaci di dire addio.

Quando lascio qualcosa, lo devo rivivere prima di andarmene. Devo guardarlo, dettaglio dopo dettaglio, ripercorrendo tutti i ricordi, prima di voltare l’angolo e andare oltre. Cammino lungo il corridoio e guardo i miei Vanity Fair appoggiati sulle librerie di cartone, leggo sulla lavagnetta la frase-citazione della mia amica collega che ho trascritto in una delle innumerevoli pause pranzo insieme, alterno i piedi negli scacchi bianco e neri del pavimento, come ho sempre fatto, guardo la sedia nera da ufficio e ricordo della discesa fatta, trasportata da altri amici e colleghi o di quella volta che mi hanno accompagnata così, seduta, a prendere un caffè alla macchinetta…quanti caffè ho bevuto, talmente tanti che alla fine hanno davvero cominciato a piacermi.

Sensazioni e ricordi, mescolati: nostalgia, i tanti bei momenti costruiti insieme a nuove relazioni, le risate, le aspettative, l’ottimismo e la speranza per il futuro, una identità lavorativa, le idee creative esplose dallo stare in questo posto, intrise di euforia e di una sincera convinzione di poterle realizzare davvero e che invece spesso sono rimaste così, nell’aria, appese, in potenza, perchè in fondo alla fine bastava così…anche se, i video clip musicali in sala eventi fatico ancora un po’ ad accettare di non averli realizzati.

Questo luogo per me è stata una casa, in cui ho espresso tanto di me, a cui rimarrò davvero affezionata, anche se non potrò più viverlo, almeno non come un tempo.

Rimane, purtroppo, un senso di spreco e di fallimento…una caduta che comunque ha il sapore della conoscenza, dell’arricchimento, sicuramente dell’esperienza.

Ciao amico Tag!

One Comment

  • [email protected]

    Per me che ho passato l’infanzia a due passi da Recanati, non occorreva la pandemia per rendermi conto di come la Natura, nel Bene e nel Male, ci culla o ci sconquassa a suo piacimento.
    Poi in una vita passata sul mare dominato dai venti e dalle onde non ci ho messo molto a capire chi comandava.
    E allora la velleità di porsi al centro del creato sparisce per lasciare il posto all’ arte di sfruttare venti e correnti a proprio favore per tentare di superare “la siepe che dall’ultimo orizzonte il guardo esclude”, ma anche di lasciarsi cullare dalle onde fino a che “in questa infinità” che tu hai provato nel profondo dell’anima, diventa “dolce naufragare in questo Mare”.
    Trovo i tuoi pensieri, cara Evola, di una intensità profonda e piena di poesia.
    Hai un modo schietto e semplice di paledare pensieri molto compless,i densi di una ben organizzata filosofia personale in un modo esteticamente molto elegante e garbato.
    Ho fatto fatica a correlare la splendida voce di cantante per la quale ti conoscevo, con la persona profonda e matura degli scritti qui sopra.
    Con tutta la mia sincera ammirazione
    Lavinio

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