Io e il covid-19
Diario di bordo. FASE 1
no way.
The way?
Quarantena: Giorno 15
Avevo deciso di trascrivere i miei pensieri in questo periodo di quarantena, giorno dopo giorno. Oggi invece è il 15° per me, prima non sono riuscita. Mi sono data la scusa di dover sedimentare tutto questo, di ordinare pensieri, consigliata anche dalla paura, quella di rischiare di esprimere pensieri banali, già scritti o sentiti dire in queste giornate.
Come spesso succede, a volte non pensi ed agisci. Quindi eccomi qui.
Quello che avrei voluto, sarebbe stato trovare pensieri che suonassero come conclusioni, risposte definitive alla domanda: io come ci sto in questa quarantena? A che cosa penso davvero?
Non sono affetta da covid-19, e spero non mi capiti, quindi la mia vita, giorno dopo giorno, è la vita di chi come me, sta bene ma non deve uscire. Leggo, guardo le notizie di ciò che accade, giorno dopo giorno, mi arrabbio, mi terrorizzo, provo stima e grande gratitudine per tutti i medici ed i volontari che stanno agendo e rischiano di perdere la loro vita, salvando quella degli altri. Penso a quando tutto questo finirà, penso che non potrà finire drasticamente e quindi immagino come saranno le nostre vite dopo. Cosa sarà cambiato allora? Al di là dei comportamenti che potremmo rivivere…come potremmo riviverli e cosa in noi sarà diverso?
E, intanto, quello che mi capita, quello che devo fare, è vivere la mia vita, giorno dopo giorno, venire a patti con la mia testa, le mie braccia e le mie mani all’interno delle mie mura domestiche.
Non riesco, almeno ad oggi, a trovare conclusioni defintive alle domande che mi sono posta e il perchè che mi sono data è che percepisco tutto a metà.
Non è come una lunga domenica, ma le assomiglia, non è come quando vivi delle giornate di ferie, anche se ci assomigliano. Ho, abbiamo, la possibilità di fare molto, cucinare proprio quei piatti che avresti voluto cucinare ma ci si mette troppo tempo e troppa fatica, fare quei lavoretti in casa rimandati da sempre, dormire anche di più o non dormire affatto perchè tanto il giorno successivo avrai comunque tempo, vedere serie tv, giocare, scrivere, fare giardinaggio, essere praticamente sempre online… libertà sì, di fare, ma entro dei confini: non posso, non possiamo uscire.
Il senso di claustrofobia che qualche volta sento arrivare, anche quello è a metà, in potenza. Perchè vivo, viviamo, una libertà in altri momenti prima ad ora semplicemente inconcepibile. Si tratta di una libertà condizionata, ma comunque fatta di possibilità di movimento e di azione. La nostra libertà c’è, esiste, anche se è limitata alle mura domestiche.
Non è come ai tempi di guerra, anche questo parallelismo ho sentito fare, che poi noi la guerra non sappiamo neanche davvero cosa sia, se non la vivi, non puoi. Forse però, questo sì, è la prima volta che a distanza di decenni accade una situazione globale e conclamata di impossibilità, da un lato e di necessità di dover fronteggiare un nemico, dall’altra.
Lo smarrimento inevitabile comporta il dover ripensare un po’ a tutto, procedere per tentativi, giorno dopo giorno.
Sono abituata ad ascoltarmi, a chiedermi che cosa mi fa stare bene, che cosa no, a riconoscerlo e a concedermelo, se lo ritengo utile o fattibile. Anche ora mi è successo.
La natura che ho intorno a casa riesce a darmi quiete, lo scorrere del fiume, il verde delle piante che rispondono all’arrivo della primavera, mi ricordano che comunque tutto va avanti. La natura mi ricorda la bellezza, ristabilisce un senso e ridimensiona i miei affanni, che al confronto mi sembrano davvero di poco conto.
La natura mi ricorda la finitudine dell’essere umano, al suo confronto.
La percezione che l’uomo tende ad avere di stesso, come di un essere al centro del mondo, un mondo fatto per lui, su cui ha il diritto di decidere, padroneggiare, governare, è definitivamente, proprio in momenti come questo, costretta a svelarsi per quella che è: una colossale follia, letteralmente un errore puro e semplice.
Siamo solo una parte del tutto, e questo tutto probabilmente vivrebbe benissimo anche meglio senza di noi.
In questi momenti, l’obbligo che abbiamo di fermarci, porta con sè una tranquillità a cui non sono abituata, la tranquillità del non dover agire, correre, se sto semplicemente e davvero ferma perchè sento che lo devo fare, senza se e senza ma, riesco a provare un insolito sollievo.
Non scappa niente, anche se non faccio. Tutto procederà, ugualmente.
Questa è la sensazione che vivo quando sto semplicemente ferma a guardare il fiume che scorre, mentre sono la semplice spettatrice di tutto il resto che esiste, che fa, procede.
In questo 15° giorno di quarantena la mia prima conclusione è: non siamo indispensabili, possiamo fermarci, concederci davvero attimi di pausa, per accorgerci di altro da noi. No, non siamo affatto il centro del mondo.
One Comment
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Per me che ho passato l’infanzia a due passi da Recanati, non occorreva la pandemia per rendermi conto di come la Natura, nel Bene e nel Male, ci culla o ci sconquassa a suo piacimento.
Poi in una vita passata sul mare dominato dai venti e dalle onde non ci ho messo molto a capire chi comandava.
E allora la velleità di porsi al centro del creato sparisce per lasciare il posto all’ arte di sfruttare venti e correnti a proprio favore per tentare di superare “la siepe che dall’ultimo orizzonte il guardo esclude”, ma anche di lasciarsi cullare dalle onde fino a che “in questa infinità” che tu hai provato nel profondo dell’anima, diventa “dolce naufragare in questo Mare”.
Trovo i tuoi pensieri, cara Evola, di una intensità profonda e piena di poesia.
Hai un modo schietto e semplice di paledare pensieri molto compless,i densi di una ben organizzata filosofia personale in un modo esteticamente molto elegante e garbato.
Ho fatto fatica a correlare la splendida voce di cantante per la quale ti conoscevo, con la persona profonda e matura degli scritti qui sopra.
Con tutta la mia sincera ammirazione
Lavinio