Racconti

Teresa ~ scritto per il XXI Festival Musica e Suoni Ispirato e dedicato a Oceano Mare di A. Baricco

Dedicato ad Ann Deverià

Seduta di fronte allo specchio d’acqua, aveva disposto l’asciugamano solo per la sua fedele cagnolina, riservando per se stessa una piccola superficie piatta di uno scoglio bianco.

Premuratasi che Laila si fosse addormentata, si concesse di prendere carta e penna dalla borsa.

“Amato mio caro,

ti scrivo dal mare, mentre Laila mi dorme accanto.

Ti scrivo con la consapevolezza che in fondo nulla conti, le nostre vite, lo sappiamo, sono semplicemente storie che nessuno leggerà.

Storie che riguardano noi e noi soli.

E, nonostante questo, o forse proprio perché le uniche date, non possiamo liberarcene, ma abbiamo il dovere di afferrarle, stringerle a noi, come gemme preziose.

Immersa in questa mia vita, ho preso il largo per come ho potuto, contrastando le onde, talvolta, lasciandomi spingere dalle maree, quando non ne avevo più le forze.

Perché la vita è anche questo, un destino cui non puoi fuggire, puoi sforzarti di prefissarti scopi e mete, ma poi ti capita l’imprevisto e ti ritrovi in balìa, verso altri lidi.

Ci sono cose nella vita che non si possono fare mai e sono forse le più importanti.

Me lo ripetevi sempre tu, amore mio.

Ma io non ci ho mai creduto.

Al di là del bene e del male, al di là delle regole, del tempo, dello spazio e dell’umana comprensione…questo è quello in cui credo.

Semplicemente perché non avevo previsto di amare te, riconoscendo me nei tuoi occhi.

Non avevo previsto il calore e l’appartenenza, la speranza e la salvezza.

C’era un sogno che avevo da bambina, avrei potuto toccare con la mia mano un altro corpo e così, avrebbe potuto sentire tutta me, emozioni, paure, pensieri, tutto ciò che mi appartiene, tutto ciò che, in fondo, esiste, ancor più tenacemente di ciò che semplicemente si può vedere.

Mi hai concesso di realizzare il mio sogno di bambina così, occhi negli occhi, ho trasmesso tutta me, in te.

Ho affrontato la colpa con onestà, illudendomi che le cure mi avrebbero guarita, ma non si può guarire dall’impeto che mi travalica e mi inonda.

Il mare irrompe, esiste, c’è.

Non chiede permesso, il mare.

La curiosità per la vita nel suo senso più pieno, abbraccia il mare, ne è sopraffatta e ne gode.

Io ho provato a guarire, sì, ma non si guarisce dal mare.

Spero un giorno di poterti rivedere.

Mi basterà sapere che leggerai questa mia lettera e lo vorrai.

Ti aspetterò qui, al mare, al nostro mare.

Mi immergerò nelle sue acque e mi sdraierò sulla sua superficie, danzerò così, cullata dalle sue onde, occhi chiusi, sguardo al cielo, braccia aperte, in un abbraccio.

La tua mano arriverà a sollevare la mia schiena dall’acqua e ti saprò finalmente da me.

E allora la mia mano cercherà la tua, con un gesto lento e pesante comprimerà la distanza d’acqua e ne schiaccerà il volume, che si appiattirà, scomparendo palmo a palmo.

E poi sarà corpo nel corpo e acqua nell’acqua, pelle su pelle, incavo ed incavo, e onde di luce riempiranno il mare.

Ti aspetterò.

Sempre tua,

Teresa.”

Molti anni dopo, in una mite giornata di fine ottobre, una lieve brezza si levò dalle onde.

Un piccolo passerò planò sulla battigia deserta e lambita dall’acqua, piccoli balzi, sino ad una superficie piatta di uno scoglio bianco. La testolina si mosse velocemente da un lato all’altro, come a cercare qualcosa, che non c’era più.

Si alzò di nuovo in volo, il piccolo passero, sino ad una collina vicina, alberi, arbusti, terreno e poi sassi, pietre, insetti.

Finalmente la vide e vi si posò.

Una piccola, robusta, croce di legno.

Sotto una scritta:

TERESA, IL MARE DENTRO.

MAI FU PIÚ VITA

Eternamente tuo,

A.T.

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